Giochi vivi e sani – capitolo 1 (Flaminia Brasini)

Luglio 17, 2020 4:25 pm Pubblicato da Lascia il tuo commento

Guida metaforica per operazioni chirurgiche ai prototipi

In questo periodo in cui pareva che non saremmo riusciti a incontrarci e a provare nessun prototipo, sto testando come non mai! E mi sono accorta che mi vengono spesso strani pensieri quando provo un gioco “in crescita”. Scrivo quindi questa cosa per ricordarmi alcuni pensieri: è una fantasia, un’immagine, una metafora e non un manuale di istruzioni, quindi prendetela con leggerezza.

Per me un gioco è un organismo. Vivente.

Quando osservo un prototipo su un tavolo mi sento un po’ come un dottore con un paziente sul lettino: cerco di capire se sta bene e può svilupparsi felicemente o se va curato.

Come un dottore osservo se quell’organismo funziona o se, da qualche parte, è bloccato/malato.

Quindi provo a guardare questa creatura un organo per volta. 

Un cuore che pompa

La prima domanda che mi viene da farmi quando provo un gioco è: “qual è il cuore di questo gioco”.

Il cuore di un gioco è il suo nucleo centrale, quel che lo rende unico e riconoscibile. Spesso è l’idea da cui il suo creatore è partito, ma non è per forza così (a volte un gioco nasce senza cuore e poi ne trova uno per strada). Di sicuro è quel che ci viene da dire come prima cosa quando lo descriviamo (ammesso che siamo capaci di descrivere un gioco). 

Il cuore di un gioco può essere una meccanica innovativa e/o forte, ma anche la storia che il gioco racconta; può essere una dinamica che il gioco genera o un desiderio che soddisfa. Basta che ci sia e sia riconoscibile.

Se un gioco non ha un cuore, non è vivo: può anche essere fatto di regole e materiali “sensati”, ma non ha motivo di esistere. Pare un’affermazione un po’ drastica? Però secondo me è proprio così.

Ma c’è di più. Il cuore di un gioco deve pompare: deve irradiare sangue a tutto il gioco. 

Il suo battito si deve sentire forte e chiaro.

Capita spesso di vedere giochi il cui cuore (parliamo di giochi che un cuore ce l’hanno) è debole: l’idea c’è, la storia viene narrata, la meccanica centrale funziona, ma ci sono altre cose che fanno talmente tanto rumore di fondo, che il battito del cuore non si sente quasi. 

Oppure capita che semplicemente il cuore del gioco sia stato piazzato in un piede: relegato in un angolo dell’organismo da cui non è in grado di pompare sangue ovunque, magari perché l’autore stesso non l’ha identificato come cuore!

Come si fa a verificare se il cuore c’è? Descrivete il gioco in due frasi e vedete se emerge un elemento che vi pare irrinunciabile. Se non c’è (o se vi vengono solo elementi di descrizione non specifici – è un piazzamento lavoratori, è un gioco fantasy…), allora ricominciate da capo: se il gioco non ha un cuore vuol dire che quel gioco non è necessario (non è necessario per il mondo, ma nemmeno per voi, perché non avete nulla di particolare “da dire” con quello specifico gioco).

Come vedere se il cuore funziona? Chiedete a chi lo testa di descrivere il gioco: se nella sua descrizione non viene fuori il vostro cuore, vuol dire che non si sente abbastanza. Se questo accade, provate a rimettere il cuore al suo posto (toglietelo dal piede) e ad eliminare i rumori di fondo.

Scheletro, muscoli e ciccia nelle giuste proporzioni 

A volte quando osservo un gioco mi viene da pensare a quelle persone alte alte e secche secche, che pare sempre che se le possa portare via il vento: persone che inciampano a ogni passo, perché proprio non riescono a tenersi in equilibrio!

Ecco, spesso capita che i giochi  siano fuori equilibrio: troppo lunghi per la scarsa profondità che offrono; con troppi elementi casuali, in un insieme che invece si vorrebbe molto strategico; troppo ricchi di opzioni e scelte in rapporto alla scarsità di strade reali che propongono.

La questione è semplicemente capire se gli elementi strutturali del gioco sono coerenti. 

Ma la valutazione è tutt’altro che semplice (ed è difficile da descrivere).

Per mia fortuna non sto scrivendo un manuale, ma una metafora e posso cavarmela così: se i difetti e gli errori tenderanno a farvi innervosire quando provate il gioco (vi potrebbe venire da dire: “vabbè, smettiamo, non funziona”) la mancanza di equilibrio e proporzioni di solito vi stuccherà, vi annoierà, vi darà la sensazione di mangiare una cosa troppo dolce.

Spesso la mancanza di proporzioni ha a che fare con i tempi di gioco, con il numero di giocatori, col rapporto tra informazioni, scelte e controllo reale. 

A un livello più sottile può avere a che fare con la scelta di meccaniche coerenti fra loro e con il sistema di regole. E anche con una buona relazione fra tema e meccaniche.

Un cervello che evita le buche

Ci sono prototipi (e anche giochi pubblicati, a dire il vero) che dopo due minuti che giochi hai già chiaro che stai per inciampare o che comunque non arriverai da nessuna parte. Ecco questi li possiamo lasciar perdere: come nei ragionamenti e nelle discussioni, se ci sono errori logici vanno semplicemente scovati e corretti (operazione non sempre banale, ma evidente). 

Ma il nostro gioco potrebbe avere sufficiente “intelligenza” da evitare i burroni, senza però riuscire a schivare tutte le buche. Perché le buche a volte sono nascoste, o sembrano piccole buchette e poi quando ci caschi ci rimani incastrato dentro.

Le buche da schivare sono tantissime! Errori o difetti, o semplicemente elementi che non fanno fino in fondo il loro dovere: ultimamente mi capita spesso di giocare a giochi che “funzionano”, ma non si capisce cosa ci sto a fare io al tavolo, perché tanto loro giocano indipendentemente da me. Ma possono esserci giochi in cui mi vengono proposte scelte inutili, o ovvie, o sbilanciate; giochi che sembrano avere più strade e invece ne hanno una sola, giochi che a momenti calano di tono o si interrompono per automatismi troppo lenti.

Tante buche, piccole o grandi, che bisogna riconoscere ed evitare. Elencarle sarebbe davvero lungo e noioso e lo ha sicuramente già fatto qualcuno più analitico di me.

Visto che mi dicono che questa fantasia “è troppo lunga per il web” (cosa che non condivido, ma mi adeguo per amore di IDG), lascio per la prossima volta (o le prossime volte, chissà) bocca, occhi, orecchie, mani e piedi. E non di dispiacerebbe nemmeno vedere cosa potrebbero rappresentare i vari organi interni! 

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Questo articolo è stato scritto da Khoril

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