Sono rimasto anch'io molto colpito dalla partecipazione. Sono arrivate 7 proposte, ognuna delle quali con almeno uno spunto interessante. Capisco il pensiero di Folkwine (non ho ancora visto il video, ma sicuramente domani lo farò, complimenti per l'iniziativa già da ora), ma secondo me c'è un fraintendimento di base. Io non penso affatto che il gioco debba essere 'divertente', nel senso del 'fun' inglese. Ci sono tantissimi giochi che giochiamo ogni giorno e che difficilmente definiremmo 'divertenti'. Io credo che i giochi debbano essere, piuttosto, 'coinvolgenti', ovvero trascinare i giocatori al loro interno per tutta la durata della partita.
Detto questo, non sono certo nemmeno io che si possa fare, ovvero sia opportuno fare, un gioco anche in questa accezione su un tema così delicato. Chissà, forse anche un gioco in cui al termine della partita ti rendi conto che non hai avuto problemi a entrare nella parte di un SS potrebbe essere un'esperienza forte o interessante. Non saprei.
Ok, voi aspettavate i commenti sui giochi. Ancora non ci sono. Ma ho letto tutto e domani conto di riuscire a spendere qualche parola su ognuno. Portate pazienza.
"E' grazie a questi sodi principii che di continuo riesco a regalarmi alla fantasia invisibili pagine meravigliose che scritte sarebbero sciupate."
dunque, credo che Brenda abbia realizzato più versioni di questo gioco, una delle quali sta al “New York museum di non so cosa” però a quanto pare la prima versione l'ha fatta per la figlia (bambina) per spiegargli cosa era stato l'olocausto… Nella versione ancora più basic che si trova a New York mi diceva federico che si è intenti a mettere più omini possibile dentro il proprio treno, incastrando i puzzilli come meglio si riesce (più se ne mettono, più punti fai) e ALLA FINE, quando spedisci il treno perché è pieno zeppo, un monitor ti dice DOVE è diretto il treno (prima non lo sapevi, lo riempivi e basta). La sensazione che credo ne derivi è: sorpresa, compassione per i poveri puzilli gialli, spaesamento, senso di colpa per essersi divertito a zeppare il treno sebbene non si conoscesse la destinazione del treno, etc….poi dipende dalla moralità di ognuno, ma spero siano pochi quelli che si sentirebbero GRATIFICATI nell'apprendere che la destinazione è un lager.
perché inquietante, Plautus? (a me sembra un gioco come quelli che abbiamo proposto per il cimento, indirizzato MOLTO più sul coinvolgimento emotivo che sul divertimento.)
Ricordami, di Nero79. In breve, a inizio partita un narratore legge le storie di alcune vittime dei lager, e assegna un profilo di questi a ogni giocatore (i profili passeranno di giocatore in giocatore nel corso della partita). Successivamente i giocatori vengono interrogati riguardo alcuni dettagli delle loro storie, e fanno punti rispondendo correttamente. Un gioco di memoria e story telling, meccaniche azzeccate per il tema, ma che assieme danno vita a quello che sembra più che altro un gioco a quiz senza troppo mordente. Potrebbe comunque essere ok da proporre in un biennio delle superiori.
SS vs oppositori, di Xtremegame. Un dexterity per due giocatori. L'oppositore al regime cerca di prendere e mettere in salvo dei meeple, mentre l'SS li porterà del campo di concentramento e cercherà di bacchettare le mani dell'oppositore per impedire che rubi le pedine. L'idea del gioco di destrezza è molto ardita, così come il fatto che qualcuno faccia le SS (credo l'unico tra i partecipanti che ha messo un giocatore nei panni dei 'cattivi'). Ma il rischio più grosso è che il gioco possa far ridere, e questo 'derubricherebbe' eccessivamente il tema del gioco. Per me è no.
Binario 21, di Niin. Ogni giocatore guida un gruppo di prigionieri nella fuga da un treno diretto a un campo di sterminio. Il gioco è il più semplice tra quelli proposti, trattandosi di piazzare tessere 'percorso' e spostare la propria pedine su queste tessere fino all'uscita. Non troppo originale e non troppo ambientato, si poteva fare di più in entrambi i campi.
Soluzione finale, di Confucio. Un worker placement collaborativo. I giocatori controllano delle baracche all'interno di un lager, e ogni turno devono assegnare i propri prigionieri a dei lavori obbligatori e possono assegnare quelli rimasti inattivi (se esistono) a dei compiti 'positivi' (rubare cibo, nascondere diari, …), cercando di limitare fame, fatica e pazzia. Questa è la prima delle proposte che inizia a 'giocare' con l'idea dell'obbligo e della frustrazione, e la trovo estremamente interessante, anche come meccaniche (anche se naturalmente un po' embrionali). Entra anche l'elemento cooperativo, che mi pare quasi essenziale in un tema come questo. Il rischio da cui guardarsi è che non lo si giochi come un puro gioco di gestione e ottimizzazione, ma che emerga sempre l'elemento di privazione, ansia e follia.
Prima vennero…, di Salkaner. Basato sulla poesia di Brecht (quella che termina con “perché non c'era rimasto più nessuno a protestare”), è a metà tra un gioco e un esperimento sociale. Ogni giocatore riceve una nazionalità e un motivo di persecuzione, e ogni turno deve cercare di sfuggire a un rastrellamento, con la possibilità di aiutare gli altri giocatori o al contrario di denunciarli o di affiliarsi al regime. L'idea è molto carina, e la possibilità di immedesimarsi in una vittima e reagire diversamente alle persecuzioni potrebbe in effetti portare a una riflessione post-partita interessante (come suggeriscono le stesse regole). Una sorta di prova sul campo di quella 'zona grigia' raccontata benissima da Primo Levi ne “I sommersi e i salvati”.
Ricordati di me, di Maestrozappa. Il gioco mette l'accento sul ricordo delle vittime, rappresentate da carte su cui si pongono dei segnalini 'ricordo' che vengono poco alla volta eliminati da eventi del gioco. I giocatori, in collaborazione, dovrebbero reagire a questa 'erosione' con azioni (non molto definite, a dire il vero) che contribuiscono a tenere vivo il ricordo: oggetti, racconti, ecc. L'idea alla base è interessante, ma rimane una 'suggestione' non abbastanza elaborata per capire il gioco che potrebbe venirne fuori. Anche se potrebbe uscirne qualcosa di buono.
Viaggio senza ritorno, di Plautus. Un gioco di carte semplice, in cui si deve rispondere a chiamate di un 'seme' giocando una carta deportato che abbia quella caratteristica (es. uno chiama “le donne” e ognuno deve giocare un prigioniero donna). Le carte vengono ordinate secondo il loro numero, con quelle con il numero inferiore (o senza la caratteristica chiamata) che riescono a fuggire. Il gioco è quello più completo nella sua stesura, e non ho molti dubbi sul fatto che potrebbe funzionare, meccanicamente. Forse fin troppo 'meccanicamente'. Il rischio è di trovarsi a giocarlo come se fosse un ciapanò e di ignorare quasi completamente l'ambientazione, cosa che in questo caso reputo un elemento negativo.
Leben, di Folkwine. Un gioco volutamente frustrante, che si riduce a poco di più (volutamente) al girare una dopo l'altra alcune carte evento e applicare il loro effetto (normalmente negativo e privativo: si perdono carte che rappresentano valori, libertà o salute che ogni giocatore a inizio partita riceve). Il gioco è volutamente molto semplice e automatico, per simulare l'esperienza di un regime autoritario e 'liberticida', e lo ritengo ben riuscito in questo scopo. Forse c'era spazio comunque per inserire qualcosa di più a livello di meccaniche per porre l'accento anche sulle scelte (anche se non ancora sulle 'libertà') personali, a simulare un 'lato oscuro' che potrebbe albergare latente in ognuno di noi.
COMMENTI GENERALI
Come dicevo, sono rimasto molto colpito dalla partecipazione a questo cimento difficilissimo, e a come ognuno ha interpretato in maniera molto differente il tema nel proprio gioco, ponendo l'accento su aspetti diversi (frustrazione, obbligo, sopravvivenza). Nessuno di questi giochi potrà mai essere un gioco originalissimo, o con una grande rigiocabilità, e soprattutto mi auguro che nessuno di questi sia mai un gioco 'divertente', cioè che sia in grado di suscitare ilarità.
Mi hanno colpito in particolare i giochi di Confucio, di Salkaner e di Folkwine, che meritano una menzione di merito. Ma bravi a tutti.
"E' grazie a questi sodi principii che di continuo riesco a regalarmi alla fantasia invisibili pagine meravigliose che scritte sarebbero sciupate."
Molto interessante! L'idea di Confucio è quella che, a pelle, mi ispira di più. Bella anche la sensazione di ansia che voleva trasmettere Folkwine, mentre non ho capito bene in cosa consiste il gioco di Salkaner, in termini di meccaniche.
Comunque bei commenti! Paolo ma non dovevi commentare anche i prototipi di IDEAG?
Un grande complimento a Paolo che ha affrontato l'argomento e a chi si è cimentato (con apprezzabili risultati, peraltro)! Anche da momenti come questi c'è molto da imparare. Bravi,
Complimenti a tutti, anche per me, leggendo i commenti di Paolo, l'idea che mi è piaciuta di più è quella di Confucio. Per quanto mi riguarda, lo ammetto avrei potuto impegnarmi di più… ma volevo partecipare e avevo poco tempo per scrivere (solo la mattina).
Grazie Paolo per i feedback, personalmente: Ho fatto un gioco potenzialmente divertente perché difficilmente dei bambini giocherebbero a qualcosa che non li diverte…però mi trovo d'accordo con te sul fatto che forse il gioco può far ridere e questo non aiuta a far comprendere la serietà che invece il tema meriterebbe ;( Quello che mi preme dire è questo, giusto per chiarire: nel mio gioco le vittime sono delle famiglie di meeple, in balia dei due ruoli ATTIVI, interpretati dai giocatori: il carnefice e l'oppositore. Ho pensato di porre l'attenzione su questi due ruoli perché sono questi due ruoli che (in passato ed in futuro) possono fare la differenza, affinché la storia non si ripeta. Ho volutamente inserito un giocatore che fa la parte del carnefice perché un mazzo di carte o un altro qualsiasi sistema meccanico che simulasse i cattivi mi sembrava che desse un messaggio sbagliato: “i cattivi sono gli altri; qualcosa di esterno ed estraneo….” e invece no, il carnefice (possiamo essere) noi, la storia ce lo insegna. Ho inserito un giocatore che si oppone al regime; egli tenta disperatamente e freneticamente di salvare più meeple possibili, ma deve fare delle scelte: salvarne più possibile indistintamente, o salvare una famiglia (preservandone l'integrità) lasciando però morire tante altre persone, oppure salvare solo i bambini (o solo le donne, o solo gli uomini), o salvare la vittima che sta per essere presa dalle SS (vedi meccanica dadi)…. e allo stesso tempo deve fare i conti con se stesso, col DOLORE fisico e con la paura che il regime incute. Da una parte dovrebbe/vorrebbe salvarne più possibile, dall'altra la paura di essere PRESO lo frena.
probabilmente, più che rievocare il tema del cimento il gioco pone l'attenzione su se stessi. Nella parte del carnefice vai in crisi, in quanto scopri che è divertente fare l'aguzino, ma è anche brutto esserlo. è una risata (spero) amara (forse si poteva fare di più per renderla con certezza amara, altrimenti potrebbe passare il messaggio sbagliato!) nei panni dell'oppositore, ti mette in crisi con te stesso: quanto sei disposto a faticare e a sopportare per salvare gli altri? devi fare dei sacrifici, chi sei dispooto a sacrificare? differenziando ancora di più i punteggi, esempio: bambino 1, donna 2, uomo 3, questo aspetto emergerebbe ulteriormente.
Bravi a tutti, sinceramente… per impedimenti miei non sarei mai riuscito ad affrontare questo tema con un gioco… ma bravi a tutti voi. Il tutto, in particolare una riflessione di Paolo mi ha ricordato un libro molto interessante “l'effetto lucifero” che racconta di un famoso esperimento “carcerati e carcerieri”. Un film efficace che, in un altro contesto, ne racconta le dinamiche e' “l'onda” che ottimamente calza con quanto emerso e il tema trattato, inoltre si basa un fatto realmente accaduto mi sembra nel 69 a Palo Alto Californiain una scuola, che poi, guarda caso, e' lo stesso paese dell'universita' dove, nel71, faranno l'esperimento dei carcerati e dei carcerieri…
scusate lo sproloquio
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