2. L’Editore si impegna a pubblicare l’opera entro un anno dalla stipula del presente contratto con il titolo di “TITOLO GIOCO”. Le scelte grafiche e stilistiche di tale edizione saranno soggette ad approvazione dell’Autore.
Ecco il caso ottimale dal punto di vista dell’autore, appena un anno e finalmente il gioco sara’ in commercio. E’ anche il segnale che l’editore crede nel progetto e intende portarlo a termine nel minor tempo possibile per svariati motivi, ad es. prima che il mercato ne produca uno simile. Ovviamente l’editore non sara’ mai abbastanza rapido, visto che gli autori una volta firmato vorrebbero il gioco entro la settimana successiva… :rolleyes:
Il discorso sulle scelte estetiche non coincide con altri contratti, che invece specificano a chiare lettere che tutte le decisioni sono di competenza dell’editore, che si impegna ad informare l’autore, sentendone il parere, ma non a chiederne il consenso.
Questa e’ una pratica abbastanza comune e condivisibile: spesso tra i due e’ presumibilmente l’editore (d’ora in poi E) a conoscere il modo migliore di presentare al pubblico il gioco finito, tenendo in considerazione tutta una serie di fattori difficilmente alla portata dell’autore (d’ora in poi A): target commerciale, gusti del pubblico, esigenze produttive, costi, formati, linee commerciali gia’ avviate…
In certi casi limite il gioco e’ stato pubblicato senza che l’A avesse visto il prodotto finito.
2. L’Editore si impegna a pubblicare l’opera entro un anno dalla stipula del presente contratto con il titolo di “TITOLO GIOCO”. Le scelte grafiche e stilistiche di tale edizione saranno soggette ad approvazione dell’Autore.
Ecco il caso ottimale dal punto di vista dell’autore, appena un anno e finalmente il gioco sara’ in commercio. E’ anche il segnale che l’editore crede nel progetto e intende portarlo a termine nel minor tempo possibile per svariati motivi, ad es. prima che il mercato ne produca uno simile. Ovviamente l’editore non sara’ mai abbastanza rapido, visto che gli autori una volta firmato vorrebbero il gioco entro la settimana successiva… :rolleyes:
Diciamo che secondo me dipende molto da chi è l’editore e chi è l’autore… Se l’editore è Post Scriptum si può permettere il contratto di un anno, perché di norma quando si firma il contratto è perché siamo già praticamente pronti a partire e lo pubblichiamo in 2-3 mesi… Ovviamente questo deriva dal fatto che siamo un editore piccolo che sta cercando di crescere seguendo varie strade e per il momento pubblichiamo un solo gioco all’anno. Quindi preferiamo non mettere sotto contratto un autore per un lungo periodo perché vogliamo vedere quali strade porteranno davvero a uno sviluppo e quali no, prima di decidere cosa pubblicheremo in futuro.
Io la metterei così:
caro autore IDG che non ha ancora pubblicato, o quasi: se trovi un editore grosso e importante, per te è sicuramente un guadagno perché il tuo gioco avrà visibilità (e royalties) maggiore. Però è possibile che tu debba aspettare molto tempo prima che l’editore riesca a inserire il tuo titolo in catalogo.
Al contrario l’editore piccolo (a livello di PS) ti garantisce una pubblicazione veloce, ma, realisticamente, non può assicurarti una visibilità pari a uno dei “grandi”.
In compenso se firmi oggi con PS o un editore simile, sai che già fra pochi mesi puoi iniziare a cercare editori per i tuoi prossimi lavori mostrando quello che hai già pubblicato, mentre con l’editore grande potresti dover aspettare il 2010.
Quindi alla fine… Se trovate un editore siatene SEMRE felici, chiunque esso sia… e se c’è da avere pazienza… abbiatela
wallover wrote:
Il discorso sulle scelte estetiche non coincide con altri contratti, che invece specificano a chiare lettere che tutte le decisioni sono di competenza dell’editore, che si impegna ad informare l’autore, sentendone il parere, ma non a chiederne il consenso.
Questa e’ una pratica abbastanza comune e condivisibile: spesso tra i due e’ presumibilmente l’editore (d’ora in poi E) a conoscere il modo migliore di presentare al pubblico il gioco finito, tenendo in considerazione tutta una serie di fattori difficilmente alla portata dell’autore (d’ora in poi A): target commerciale, gusti del pubblico, esigenze produttive, costi, formati, linee commerciali gia’ avviate…
In certi casi limite il gioco e’ stato pubblicato senza che l’A avesse visto il prodotto finito.Post edited by: wallover, at: 2008/01/22 10:49
Beh, diciamo che cambia poco, alla fine. Nel senso che alla fine l’editore e l’illustratore ne sanno molto di più dell’autore, in merito, quindi alla fine si fa come dicono loro
Mario Sacchi - Post Scriptum http://postscriptum-games.it Il mondo è bello perché è Mario
Sul limite di tempo: solitamente varia da contratto a contratto. L’acconto è a mio parere fondamentale per vari motivi tra cui quello di abbreviare il tempo di pubblicazione, perché l’editore che paga un acconto è poi incentivato a non perdere troppo tempo prima della pubblicazione che gli consentirà di rietrare dei soldi anticipati. Del resto, in caso i tempi si facciano lunghi, l’acconto addolcisce l’attesa all’autore.
Sulle scelte grafiche e stilistiche, a parte che non sempre editori e illustratori sono più esperti degli autori (apprezzo la gag sdrammatizzante, ma mi è capitato più volte di pubblicare giochi con editori o produttori anche grandi ma che che non avevano mai fatto un gioco da tavolo in precedenza), anche quando lo sono a volte hanno di che avvantaggiarsi del contributo degli autori: l’impianto generale del fronte delle carte di WoW è per esempio effetto di una proposta degli autori, sia pure poi affinata dal grafico Fabio Maiorana della Nexus.
C’è da dire che i contratti di edizione dei giochi derivano da quelli librari dove l’autore ha il diritto/dovere di correggere le bozze. Diritto/dovere che non sempre è ben chiaro agli editori stessi: me ne è capitato uno che per farmi avere le bozze da correggere voleva che gli pagassi i costri di una stampata da lui fatta dal suo service, che tutto sommato a suo parere poteva darmi perché tanto non gli serviva, dal momento che era venuta male… Insomma, per correggere le bozze dovevo comprarmi una copia fallata del prototipo, altro che diritto/dovere! Lo credo che poi ci sono giochi che escono senza che l’autore li abbia visti. Del resto, ci sono anche giochi stroncati dalla critrica per la scarsa cura del prodotto… A volte le due cose coincidono.
2. L’Editore si impegna a pubblicare l’opera entro un anno dalla stipula del presente contratto con il titolo di “TITOLO GIOCO”. Le scelte grafiche e stilistiche di tale edizione saranno soggette ad approvazione dell’Autore.
Io un contratto cosi’ non l’ho mai visto… magari fossero cosi!
Le scelte grafiche e stilistiche sono di totale competenza dell’Editore in quanto facenti parte del gioco come PRODOTTO. Ovviamente e’ cortesia che tali decisioni grafiche siano MOSTRATE all’autore, ma non e’ assolutamente necessario che siano APPROVATE dall’Autore. E’ forse un po’ crudele perche’ ogni Autore vede il suo gioco come il “suo bambino” e quindi lo vuole vedere curato e ben vestito… e i suoi criteri di “curato e ben vestito” sono DIVERSI da quelli dell’Editore.
Diciamo che in questo punto del contratto ci si dovrebbe rifare alla semplice CORTESIA fra esseri umani.
Per quanto riguarda la data di pubblicazione e’ sempre stata per me la parte piu’ spinosa. Molti miei giochi, pur presi, non sono ancora usciti.
E’ attualmente la cosa che guardo di piu’ in un accordo o contratto, ovvero la certezza che il gioco sia effettivamente pubblicato. Magari la data di pubblicazione e’ avanti nel tempo, ma una data di pubblicazione ci deve essere.
Quindi alla fine… Se trovate un editore siatene SEMRE felici, chiunque esso sia… e se c’è da avere pazienza… abbiatela
Io, che sono pessimista di natura, non sono daccordo su questa frase Marione.
Credo che l’autore debba pensare a far bene il suo lavoro, che e’ di fare un bel gioco, e solo dopo si debba infilare nel problema di venderlo a qualcuno. In fondo, a meno di diventare un nuovo Knizia, da scrivere un gioco non ci si guadagna una lira. Quello che si ottiene e’ una soddisfazione di altro tipo. I soldini sono un gradito sovrappiu’, se arrivano. Ma se si segue questa filosofia fin da principio si finisce per non essere piu’ dei creativi, e di diventare invece dei “professionisti”, ovvero “solo uno dei tanti”, uguale a tutti gli altri. L’esatto contrario di quelle doti di creativita’ e unicita’ che dovrebbero essere invece l’anima dell’autore. In pratica l’inizio della fine. Lo dico proprio perche’, mio malgrado io sono diventato proprio un professionista e adesso tengo presente le esigenze di mercato, le problematiche produttive, gli ipotetici target degli editori, fin dall’inizio dello sviluppo di un gioco. Ovvero un “professionista”. Questo mi ha portato a pubblicare piu’ giochi di altri autori, ma come Autore sono molto, molto decaduto.
Mmmhh… credo che qualcuno non capira’ questa mia affermazione…
Quindi alla fine… Se trovate un editore siatene SEMRE felici, chiunque esso sia… e se c’è da avere pazienza… abbiatela
Io, che sono pessimista di natura, non sono daccordo su questa frase Marione.
Io neppure, ma non per pessimismo: solo perché ci sono anche cattivi editori. Se posso sdrammatizzare con una citazione da un articolo di Elena Fyrogeni e mio apparso su “La Ludoteca”, la rivista diretta da Giorgio Bartolucci:
La Fiera di Norimberga è infatti la principale occasione in cui egli può presentare di persona i propri progetti e i propri prototipi ai potenziali editori, nel periodo più favorevole dell’anno e nella relativa tranquillità di un salone dedicato agli addetti ai lavori, senza tutte le distrazioni di cui sono ricchi gli appuntamenti aperti al pubblico con le loro partite dimostrative, le vendite, gli eventi. Dalla semina effettuata in tal luogo dipendono la ricchezza delle messi e la prosperità della vendemmia che si farà sul mercato nei mesi successivi. Ma se gli autori in cerca di sbocchi per le proprie idee sono legione, almeno altrettante sono le case editrici. Ci sono famosi autori internazionali che hanno il dichiarato obiettivo nella vita di pubblicare almeno un gioco con ciascuna delle case editrici esistenti, “pel piacer di porle in lista”, con atteggiamento degno del Don Giovanni di Da Ponte e Mozart: più simili a Casanova, noi preferiamo limitarci agli editori più fidati e vicini alla nostra visione del gioco e del mercato ma finiamo poi per amare la maggior parte di loro. E i tempi di seduzione in fiera sono brevissimi: i giorni corrono, le ore volano e occorre sfruttare ogni minuto.
In quel “la maggior parte di loro” c’è comunque la volontà di escludere ogni tanto qualcuno. Insomma, negli anni qualche editore sulla personalissima lavagnetta “buoni/cattivi” c’è finito, a destra.
Credo che l’autore debba pensare a far bene il suo lavoro, che e’ di fare un bel gioco, e solo dopo si debba infilare nel problema di venderlo a qualcuno.
…
Ovvero un “professionista”. Questo mi ha portato a pubblicare piu’ giochi di altri autori, ma come Autore sono molto, molto decaduto.
Mmmhh… credo che qualcuno non capira’ questa mia affermazione…
La capisco ma non la condivido del tutto. Sarà perché ho una visione più artigianale che artistica dell’attività di autore (anche di libri, non solo di giochi). O forse che tutto sommato non ritengo la Cappella Sistina meno un capolavoro perché Michelangelo è dovuto scendere a compromessi con la forma della sala e la posizione delle finestre fissata da altri nel secolo precedente, così come spesso gli scultori pensano le statue in funzione a dove andranno collocate, gli architetti agli edifici in base a funzionalità pratiche, i grandi fotografi alle loro foto sapendo se diventeranno copertine di certe riviste piuttosto che altre o di dischi o che… E quindi se un autore “taglia” un gioco su un editore o una collana fa il suo mestiere. Certo, se in preda all’ispirazione ha voglia di fare un gioco in un certo modo dovrà poi scegliersi, tra i tanti editori e le molte collane, quelli più adatti al gioco che ha in mente (e non viceversa)… Sperando che anche l’editore la pensi come lui. Ma fa parte del gioco!
In quel “la maggior parte di loro” c’è comunque la volontà di escludere ogni tanto qualcuno. Insomma, negli anni qualche editore sulla personalissima lavagnetta “buoni/cattivi” c’è finito, a destra.
Anch’io, come tutti ho la mia “lavagnetta mentale” dove segno i buoni e i cattivi e ci sono nomi in entrambe le caselle… e anche a meta’ strada!
Io ho molta esperienza di videogames. dove i contratti con i programmatori e gli sviluppatori sono pero’ molto diversi. E in quel settore ormai la lavagnetta dei buoni/cattivi e’ in comune fra tutti i programmatori. E’ risultato essere un ottimo strumento. Oggi prima di accettare un contratto (che nei videogames sono molto piu’ lunghi e molto piu’ impegnativi) i programmatori si informano sulla lavagnetta e gli editori (ma il focus e’ piu’ sui manager che sugli editori) nella lista dei cattivi non se li fuma nessuno. Questo ottimo risultato pero’ non sara’ probabilmente applicabile anche ai giochi da tavolo.
Credo che l’autore debba pensare a far bene il suo lavoro, che e’ di fare un bel gioco, e solo dopo si debba infilare nel problema di venderlo a qualcuno.
…
Ovvero un “professionista”. Questo mi ha portato a pubblicare piu’ giochi di altri autori, ma come Autore sono molto, molto decaduto.
Mmmhh… credo che qualcuno non capira’ questa mia affermazione…
La capisco ma non la condivido del tutto. Sarà perché ho una visione più artigianale che artistica dell’attività di autore (anche di libri, non solo di giochi). O forse che tutto sommato non ritengo la Cappella Sistina meno un capolavoro perché Michelangelo è dovuto scendere a compromessi con la forma della sala e la posizione delle finestre fissata da altri nel secolo precedente, così come spesso gli scultori pensano le statue in funzione a dove andranno collocate, gli architetti agli edifici in base a funzionalità pratiche, i grandi fotografi alle loro foto sapendo se diventeranno copertine di certe riviste piuttosto che altre o di dischi o che… E quindi se un autore “taglia” un gioco su un editore o una collana fa il suo mestiere. Certo, se in preda all’ispirazione ha voglia di fare un gioco in un certo modo dovrà poi scegliersi, tra i tanti editori e le molte collane, quelli più adatti al gioco che ha in mente (e non viceversa)… Sperando che anche l’editore la pensi come lui.
Io sono giunto alla conclusione che occorrano entrambe le cose. Quando devo sviluppare un gioco da “professionista” lo faccio con impegno e con i crismi che un professionista deve avere. Poi pero’ non dimentico di dedicarmi ogni tanto ai giochi che mi piace scrivere. Non e’ un gran che come equilibrio, ma piu’ o meno funziona e mi sono meglio.
Ma fa parte del gioco!
Questo e’ il punto! Che quando ti metti a scrivere giochi in modo professionale tutto questo non e’ piu’ “un gioco”. E’ un lavoro, serio. E come tale deve essere trattato.
Nella mia lavagnetta buoni/cattivi segno anche quelli che in alcuni casi trattano le cose come artigianal-amichevole e qualche volta in modo professionale e, ovviamente, sono l’uno o l’altro a seconda della loro convenienza. Ci sono rimasto fregato spesso in passato in questo modo. Della serie: TU devi consegnare i files categoricamente entro la scadenza, LORO non pagano neanche dopo anni…
Bah… sara’ che sono un po’ deluso dall’andamento degli ultimi giochi…
Io un contratto cosi’ non l’ho mai visto… magari fossero cosi!
Le scelte grafiche e stilistiche sono di totale competenza dell’Editore in quanto facenti parte del gioco come PRODOTTO. Ovviamente e’ cortesia che tali decisioni grafiche siano MOSTRATE all’autore, ma non e’ assolutamente necessario che siano APPROVATE dall’Autore.
Giusto per tornare IT…
Bisogna anche presupporre che l’E ha competenze che l’A puo’ anche non avere. In fondo ad un A non si richiede mica un prodotto finito ma solo un prototipo che mostri in modo chiaro come gira il gioco e quali sono le sue potenzialita’. Poi stara’ all’E realizzarlo al meglio secondo i suoi obiettivi e potenzialita’.
Poi sara’ come sempre il mercato a decretare il successo o meno, e di conseguenza se il gioco era buono in partenza e se e’ stato realizzato al meglio.
Giusto per tornare IT…
Bisogna anche presupporre che l’E ha competenze che l’A puo’ anche non avere. In fondo ad un A non si richiede mica un prodotto finito ma solo un prototipo che mostri in modo chiaro come gira il gioco e quali sono le sue potenzialita’. Poi stara’ all’E realizzarlo al meglio secondo i suoi obiettivi e potenzialita’.
Poi sara’ come sempre il mercato a decretare il successo o meno, e di conseguenza se il gioco era buono in partenza e se e’ stato realizzato al meglio.Post edited by: wallover, at: 2008/01/31 12:10
Ovviamente.
Scusa Walter, sono molto depresso e mi saltano fuori dei post negativi e un po’ polemici.
L’ultima notizia e’ che Shipyard (il mio gioco delle navi) NON verra’ pubblicato e cio’ mi ha gettato nello sconforto.
Avevo detto che avrei smesso di scrivere, poi mi hanno convinto a ritentare. Adesso anche questi nuovi tentativi stanno andando malissimo. E mi deprimo…
Stai su! NON verrà pubblicato… per ora. Ho avuto prototipi che sono diventati giochi pubblicati dopo 15 (quindici) anni. E intanto ne sono usciti altri. Ti auguro di metterci assai meno ma.. Persevera!
Scusa Piero, ma non credo che tu sia il campione medio di autore IDG
A me spiace, ovviamente, leggere questi tuoi sfoghi, ma continuo a pensare (illudermi??) che certi fatti non possano essere la norma.
E continuo a pensare che un autore esordiente, se ha la possibilità di firmare un contratto, deve essere felice di poterlo fare. Poi che ci sia scritto che il gioco uscirà fra un anno o fra tre, ovviamente non è la stessa cosa, però l’importante è che ci sia una data. Se poi non viene rispettata, beh… è una tristezza! E l’editore si sputtana. Per l’appunto finisce dalla parte dei “cattivi” e alla fine le cose si vengono a sapere, lo sai benissimo.
Ecco… Io credo che nessun editore firmi un contratto con l’intenzione di sputtanarsi. A volte capita, ma io credo e spero che la norma sia che un gioco che deve uscire entro una certa data, alla fine esca!
No?
Mario Sacchi - Post Scriptum http://postscriptum-games.it Il mondo è bello perché è Mario
Ovviamente.
Scusa Walter, sono molto depresso e mi saltano fuori dei post negativi e un po’ polemici.
L’ultima notizia e’ che Shipyard (il mio gioco delle navi) NON verra’ pubblicato e cio’ mi ha gettato nello sconforto.
Figurati, ogni contributo e’ utile, soprattutto da chi parla per esperienza diretta. Sapevo che il thread avrebbe creato un po’ di “sana” polemica ed e’ naturale che certi sfoghi saltino fuori, mi auguro con esiti salutari…
Allo stesso tempo cerchiamo di non perdiamo il filo del discorso, in modo che anche chi non ha ancora affrontato questi argomenti non resti traumatizzato e ne tragga utilita’
I discorsi sui contratti sollevano un sacco di spunti collaterali interessanti, che sarebbe bello esplorare meglio separatamente proprio per poterli affrontare come si deve.
Per Shipyard, peccato. Saprai che case come la Queen (ma anche altre) ricevono circa 400 proposte all’anno e pubblicano 4-5 giochi. Quindi una media realizzativa assurdamente bassa, ma giustificata. Vederci rifiutare un gioco e’ la norma, purtroppo, e non l’eccezione.
Considerando poi cosa ho intravisto di tuo a Piossasco e i commenti di chi ci giocava, scommetto che presto vedremo altri bei giochi targati Cioni. :rolleyes:
Figurati, ogni contributo e’ utile, soprattutto da chi parla per esperienza diretta. Sapevo che il thread avrebbe creato un po’ di “sana” polemica ed e’ naturale che certi sfoghi saltino fuori, mi auguro con esiti salutari…
Naturalmente. Se da un lato mi scuso per il filo di sfogo dall’altro mi auguro che questi spunti siano utili. Se non altro utili alla discussione.
Per Shipyard, peccato. Saprai che case come la Queen (ma anche altre) ricevono circa 400 proposte all’anno e pubblicano 4-5 giochi. Quindi una media realizzativa assurdamente bassa, ma giustificata. Vederci rifiutare un gioco e’ la norma, purtroppo, e non l’eccezione.
Non so se questo discorso era previsto, ma nell’ottica di condividere l’esperienza con gli autori “giovani”, questo e’ un punto da sottolineare: le case editrici ricevono una quantita’ di prototipi sovrumana. Hanno l’imbarazzo della scelta (sul serio) e in generale l’offerta supera di circa 100 volte la domanda (credo che ben pochi settori siano in queste condizioni).
Per questo vorrei insistere su un punto: dal punto di vista di un editore hanno molto piu’ appeal non i giochi “belli” ma quelli che hanno migliori chances sul mercato (ovvero Trivial Pursuit vende 1000 volte piu’ di Caylus). Non voglio dire “scrivere un trivial”, ma provare a mettersi nei panni di un editore prima, durante o dopo aver partorito un idea rendera’ sicuramente il vostro prototipo molto piu’ appetibile.
E’ un discorso lungo. Ci facciamo un Workshop a Berceto?
Considerando poi cosa ho intravisto di tuo a Piossasco e i commenti di chi ci giocava, scommetto che presto vedremo altri bei giochi targati Cioni.
Grazie!
Un po’ e’ una cosa collegata col mio stato d’animo. Scrivere giochi o videogames e’ il mio sistema di sfogare la rabbia o la delusione. Ovvero: piu’ sono inc*****o piu’ mi vengono fuori giochi belli!
Chiedo comunque scusa per i post negativi e depressi.
Mi sono un po’ lasciato andare…
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