Sono solo pochi mesi che ho cominciato ad interessarmi di boardgame design e a formulare giochi con un successo direi ancora mediocre, eppure ho avuto modo di fare delle riflessioni che si traducono in alcuni punti. Cosa non fare! Ovvero il tempo perso cercando di costruire un edificio dal tetto.
Non scrivere il regolamento Non spendere tempo e denaro in un prototipo bello da vedere Non andare nei dettagli del gioco prima di playtestare
[/list]Queste tre azioni sono solo una gran perdita di tempo se prima non playtesti la meccanica base del gioco, la cosa può sembrare ovvia ma non lo è. Io sono partito con in mente un gioco e tutto filava liscio nella mia testa, mi sono convinto che le regole andassero bene e le ho scritte. Dopo la fatica fatta per scrivere buone regole volevo subito vedere il gioco realizzato e sono passato al prototipo. Solo dopo aver lavorato sul prototipo ho fatto provare il mio gioco splendido-splendente ad un mio amico per scoprire che metà dei soldi e del tempo investiti in prototipo e regole andavano buttati! Quindi? Quindi la cosa migliore che ho deciso di fare é schiarirmi le idee.
Questione di obiettivi “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.” Cercando di capire dove stavo navigando nel mio game designing mi sono chiesto quale fosse lo scopo di un gioco, qualsiasi gioco, e quale fosse di conseguenza lo scopo di chi ne disegna uno, sono arrivato a queste conclusioni, semplici e banali: 1. lo scopo ultimo di un gioco è divertire, dare piacere 2. ogni game designer ha lo scopo di far giocare i propri giochi Idee opinabili ma utili a quello che sto per scrivere.
Target Se lo scopo di un gioco è divertirsi il gioco deve essere divertente, ma divertente per chi? Definire con precisione il bersaglio di potenziali giocatori mi ha aiutato molto in quei momenti cruciali nei quali ho fatto scelte di campo come accogliere o meno una nuova meccanica all’interno del gioco o in che proporzione lasciare al caso certe dinamiche.
La miscela delle meccaniche Una volta definita la nicchia di riferimento ho cercato la miscela delle meccaniche che fosse la vera anima del gioco. Ma in che modo mi dirigo verso una meccanica o una miscela di meccaniche? La domanda che mi aiuta a trovare la miscela giusta è: cosa voglio che il giocatore provi? Possibili risposte sono infinite, tipo: Brain burning, Urgenza, Rischio, Controllo, Aggressività, Senso di completezza, Affiatamento e tante tante altre esperienze che il giocatore può vivere giocando, mi è bastato attingere alla mia personale seppur limitata esperienza di gioco per avere un carnet più che ampio. Una volta trovata la miscela di meccaniche che penso sia adatta per evocare le sensazioni che ho scelto passo alla parte pratica delle scelte delle meccaniche. Ma finché rimango nella teoria tutto funziona alla perfezione, quando passo alla pratica non funziona niente! Il motivo per cui ho scelto di non essere fedele ad una meccanica ma alla sensazione che il giocatore prova è perché questo mi consente di svincolarmi dalle meccaniche iniziali che non funzionano e adottare delle altre, anche suggerite da altri, senza sentire di star tradendo l’essenza del progetto.
Capire cosa sto descrivendo Il mio passo successivo naturale è la fase di identificazione del tema, cioè mi chiedo: in quale tema questa miscela di meccaniche é più calzante? Il tema una volta scelto diventa una guida per me nella definizione dei dettagli delle meccaniche, o dell’introduzione di meccaniche complementari.
Fattore FUA FUA é semplicemente l’acronimo di Facciamone Un Altra, il fattore FUA si trova in quei giochi dove finita la partita ne faresti subito un’altra, é testabile semplicemente se alla fine di un playtest il tuo gruppo ne vuole fare subito un altro. Io mi sono imposto una semplice regoletta, se il gioco che ho sviluppato non ha il fattore Fua sto tradendo il mio scopo come game designer ovvero far giocare il più possibile il mio gioco, faccio un passo indietro e imbocco un’altra direzione di sviluppo. Un modo sicuro e relativamente semplice per mettere dosi di FUA nel gioco é assicurarsi di avere tanti modi per arrivare alla vittoria, ma c’è un rovescio ella medaglia: se da una parte tanti modi per vincere mi aiutano nel Fua dall’altra l’esperienza (limitata ma lucida) mi dice che poi sarò costretto ad una attenta analisi del bilanciamento del gioco. La cosa peggiore sarebbe non accorgermi che dei tanti modi per arrivare alla vittoria ce ne é uno più sicuro e veloce degli altri! Questo renderebbe il mio gioco un fuoco di paglia!
Fattore GEBE in aiuto al FUA La frustrazione mi dispiace ammetterlo é un enorme alimentatore del FUA. Se la partita finisce dopo mezz’ora che un giocatore domina incontrastato il gioco c’è qualcosa che non va, gli altri giocatori al pensiero di rigiocare, per quanto sia stata eccitante la prima ora di gioco, ricorderanno solo quell’ultima mezzora di noia mortale. Se invece il giocatore di turno sta per diventare il mega-ricco, sburan, dreg, “vènz in cosa mè” (vinco tutto io) ed il giocatore di fianco gli chiude in faccia la partita giocando di velocità allora il FUA scatta in automatico! Da qui nasce GEBE (Game Ends Before Expected) ovvero il gioco che finisce proprio quando stavi per avere una situazione stabile, questo senso di incompletezza genera fortemente un fattore FUA
Play test Tutto quello che ho raccontato fin ora da per scontato una cosa che è essenziale per la riuscita dello sviluppo di un gioco: il playtest. Il playtest in realtà non è una fase del processo creativo, é semplicemente immanente nel processo creativo. Il playtest sta al game design come i numeri stanno alla matematica, é vero che esiste la matematica senza numeri ma è solo quando i numeri ti danno ragione che la tua teoria matematica acquista un senso! Ok l’esempio fa schifo ma é per dire che il playtest é la moneta corrente del game designer. Più lo fai e meglio é. Anche prima lo cominci a fare e meglio è. Se il playtest é così importante i playtester sono importantissimi, per la riuscita di un buon gioco è essenziale la costruzione di un gruppo di persone che vogliano giocare, divertirsi, collaborare. Bene dove li trovo? In realtà non credo che esistano persone così a priori, ma esistono gli amici e conoscenti i quali saranno collaborativi, pazienti, costruttivi se sapró creare il giusto clima per loro. Qual’é questo clima? In generale un clima di ascolto e rispetto delle loro idee, che spesso sono buonissime e ti pongono difronte al tuo gioco in una prospettiva diversa! I playtester sono oro per un game designer, la nascita di un buon gioco è la conseguenza della cura di un gruppo di playtester di alto livello.
Conclusioni Per finire ti lascio con una provocazione: se mi immagino il mio futuro ideale vedo un gioco, il mio gioco, si proprio il mio, quello dove c’è scritto il mio nome sopra e che sono riuscito a pubblicare, quello che ha venduto più tutti e che mi ha reso famoso, ecco in realtà quel gioco non è mio! Vabbè un po’ mio é, ma meno di quel che penso, soprattutto se ha avuto successo. Sì perché un gioco ha successo non solo se é divertente ma anche se risponde o anticipa lo spirito del momento, é il gioco giusto al momento giusto, per dirla alla Zoolander: “hansel, va un casino quest’anno, hansel!”. È la scena dei giocatori a fare del tuo gioco un successo accogliendo il tema e la miscela di meccaniche che lo compone. Vale quindi la pena spendere le ultime parole per darmi un consiglio: federico impara ad una annusare l’aria per sentire quale sarà il gioco di domani, gioca moltissimo a tutti i giochi possibili e di tieniti in contatto con gli altri designer per vivere lo spirito del gioco del tuo tempo! Buon design a tutti.
Ottimi spunti. Mi 'permetto' di mettere i miei 50c nel paragrafo 'Le miscele delle meccaniche': Ad esperienza personale, come giocatore e master in diversi giochi da tavolo e ruolo, i 'player', al di là dei tornei, nei giochi cerca due ore di tranquillità e spensieratezza. Solo un risicato 10% proverà tutte o alcune delle sensazioni che hai elencato. Per il resto, se vinco bene, altrimenti provo la prossima volto.
Quindi prima di ogni sensazione, un gioco dovrebbe 'divertire' e in seconda battuta attivare ''Brain burning, Urgenza, Rischio, Controllo, Aggressività, Senso di completezza, Affiatamento''.
Gli Endgamer ci sono dovunque, sui tavoli, come sui server, ma sono pochi e sopratutto devono essere spinti da un'obiettivo ''reale''. Altrimenti diventato Easygamer o, peggio, Casualgamer.
Chiaramente tutto questo è indubbiamente IMHO, sia chiaro.
Grazie per la condivisione Federico, queste riflessioni sono molto utili anche per me che mi sto affacciando ora al game design.
Mi permetto anche io una riflessione sul GEBE; un gioco, secondo me, dovrebbe permettere fino alla fine a quasi tutti i giocatori di ribaltare la partita, ma non in maniera troppo “inaspettata”.
Si concordo con voi che non c'è una regoletta da applicare, sta alla sensibilità e specificità del momento usare un metodo più che un altro per sviluppare un gioco. Il gebe non ha la funzione di mannaia del gioco ma semplicemente di impedire che ilcerchio si chiuda, che il gioco si esaurisca in una partita. Come il “to be continued” delle serie televisive!
Riguardo il FUA e il GEBE, cito una frase detta da SA in occasione di un incontro IDEAG: a fine partita chi ha vinto dovrebbe pensare “ho vinto grazie alla mia bravura”, chi ha perso dovrebbe pensare “ho perso a causa della mia sfortuna”. Sicuramente entrambi avranno voglia di rigiocare. Penso che l'esempio di Federico relativo al GEBE confermi questa massima: infatti, chi pensava di avere in pugno la partita e poi ha perso, attribuirà la colpa alla sfortuna, chi invece ha vinto grazie al colpo di coda, attribuirà il merito alla sua bravura Ciao
PS: a proposito di acronimi, SA = Spartaco Albertarelli.
Una trasposizione scadente di una licenza in un gioco ha ottime possibilità di uccidere un potenziale nuovo giocatore, di stroncarne sul nascere l’entusiasmo e la volontà di scoprire se ci sono “altri giochi belli come questo” (A. Chiarvesio)
a me serve molto scrivere il regolamento (una bozza, sia chiaro) prima di playtestare da solo . Mi serve per mettere le idee in chiaro, su carta. Poi è chiaro che tutto viene modificato, spesso travolto, ma non la vedrei come una perdita di tempo..
a me serve molto scrivere il regolamento (una bozza, sia chiaro) prima di playtestare da solo . Mi serve per mettere le idee in chiaro, su carta. Poi è chiaro che tutto viene modificato, spesso travolto, ma non la vedrei come una perdita di tempo..
Condivido al 200% Anche perché poi di preciso che cosa testi se non hai regole scritte?
a me serve molto scrivere il regolamento (una bozza, sia chiaro) prima di playtestare da solo . Mi serve per mettere le idee in chiaro, su carta. Poi è chiaro che tutto viene modificato, spesso travolto, ma non la vedrei come una perdita di tempo..
Condivido al 200% Anche perché poi di preciso che cosa testi se non hai regole scritte?
Esatto. Playtestare senza regolamento, non ha senso. Le meccaniche a che le applichi??
Mi sono evidentemente spiegato male, certo anche io scrivo due cose per mettere le meccaniche in chiaro, ma un conto è un appunto un conto è scrivere le regole!
Riguardo il FUA e il GEBE, cito una frase detta da SA in occasione di un incontro IDEAG: a fine partita chi ha vinto dovrebbe pensare “ho vinto grazie alla mia bravura”, chi ha perso dovrebbe pensare “ho perso a causa della mia sfortuna”. Sicuramente entrambi avranno voglia di rigiocare. Penso che l'esempio di Federico relativo al GEBE confermi questa massima: infatti, chi pensava di avere in pugno la partita e poi ha perso, attribuirà la colpa alla sfortuna, chi invece ha vinto grazie al colpo di coda, attribuirà il merito alla sua bravura Ciao
PS: a proposito di acronimi, SA = Spartaco Albertarelli.
D'accordo…ma un gioco dove posso ragionevolmente attribuire la mia sconfitta alla sola sfortuna e non a qualche errore di strategia io non lo riprovo…ho la sensazione di non poterlo controllare per niente…mi è successo ultimamente con Cyclades…
Mi sono evidentemente spiegato male, certo anche io scrivo due cose per mettere le meccaniche in chiaro, ma un conto è un appunto un conto è scrivere le regole!
infatti non parlo di appunti – ma proprio di scrivere le regole – gli appunti li prendo quando penso ad un gioco, ma poi prima di playtestare devi scrivere le regole come se fossero finite. solo così riesco a non fare confusione ed eventualmente poi cambiare in corsa con più facilità.
no invece su questo dissento perchè anche io in passato scrivevo fiumi di regole in italiano preciso e formale ma alla fine mi trovavo ad aver buttato del tempo. Io lo svolgimento del turno (quando c'è un turno) e del gioco me lo ragiono in testa e lo butto giu scrivendo pochi appunti, ad esempio se stessi inventando magic scriverei robe tipo così: turno= pescata, magie, attacco, magie, scarto, fine. caratteristiche generali= una terra a turno, Mana per le magie, creature confronto attacco contro difesa, 5 colori base, 20 pv di partenza, ogni colore ne ha due alleati e due opposti, il mazzo iniziale è configurabile. ma non andrei oltre prima di playtestare le carte o i bilanciamenti, perchè magari vedo che la meccanica delle terre non è molto agile e decido che le terre non esistono e sono solo carte magia giocate mostrando il dorso e magari il gioco fila di più. Se invece mi fossi messo li a scrivere i miei 10 fogli di regole e avessi dovuto cambiare tutto perchè abolivo le terre avrei sicuramente perso molto tempo.
Potrebbe essere un discorso interessante se non fosse che hai preso come esempio un gioco che alla fine il regolamento è come lo hai descritto. l resto del testo è fuffa.
Semplificami un regolamento come quello di Warhammer40.ooo o di Infiniti per fare un primo playtest. Oppure, per rimanere nel semplice, di Carcassonne.