Il caso

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  • #1579
    littlee
    Partecipante

    Lo si chiama caso – alea – fattore fortuna – casualità – fattore c…

    Ultimamente in questo forum ci sono state due discussioni (riguardo l'alea, le scelte, il bluff) che in un modo o nell'altro hanno girato intorno a questa cosa, la mia impressione è che non tutti considerano la casualità allo stesso modo dandone la stessa definizione.
    Perciò: ecco il trip del nuovo anno.

    COS'E' LA CASUALITA' IN UN GIOCO DA TAVOLO?

    www.cartebomba.blogspot.com

    #16911
    zx21
    Partecipante

    Credo che prima di  perdersi nei meandri di questa infinita discussione, bisogna assulutamente dividere il discorso in almeno 2 tronconi (forse adirittura tre), partita secca e sulla distanza di 5 partite dello stesso gioco.

    #16912
    littlee
    Partecipante

    Perché? Cosa cambia?

    Voglio dire…Quello che a me interessa è un concetto, una formula precisa da poter applicare a tutti i giochi esistenti.
    Il numero di partite al massimo ti dice quanto può incidere il caso nel gioco. Se faccio mille partite e il risultato mi dice che una certo modo di giocare fa vincere nel 80 % dei casi, vuol dire che la fortuna ha un certo peso, se le probabilità scendono a 60 %, la fortuna ha un peso diverso.

    Prendiamo per esempio il Texas hold che si vede in televisione. Quando vanno al check danno le probabilità di vittoria che ogni giocatore ha, in un certo senso se uno ha il 30 % di possibilità di vincere gli serve più fortuna che se ne avesse l'80 %. Però chiaramente la fortuna nel poker c'è, finchè le probabilità di vittoria di un giocatore non sono sempre al 100 % la casualità inciderà sempre sulla vittoria, anche se di poco.

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    #16916
    zx21
    Partecipante

    Cambia invece e molto, perchè in una partita secca di un gioco (come magic ad esempio) la fortuna può far perdere il giocatore più forte, ma in un numero di partite superiore sarà sempre il più bravo a vincere.
    Difatti, i tornei vengono vinti sempre da un rank ristretto di giocatori.

    #16917
    littlee
    Partecipante

    Quello che dico anch'io…Ma ripeto, questa cosa ci dice quanto incide la fortuna. Non se c'è o meno.
    Io non voglio stabilire quanta alea c'è in un gioco da tavolo. Io voglio trovare una definizione in base alla quale si può stabilire se è presente o meno, sembrerà una cosa stupida ma ho capito che qui non tutti hanno lo stesso concetto di alea all'interno di un gioco e molte discussioni si piantano proprio su questo, non penso che il fattore culo sia una cosa soggettiva. O c'è o non c'è, ma per stabilirlo forse bisogna capire bene cos'è.

    www.cartebomba.blogspot.com

    #16919
    Izraphael
    Partecipante

    Allora, secondo me ci sono diversi tipi di “caso”… nel senso che ci sono diverse tipologie di “elementi casuali” che possono essere inseriti in un gioco, e molti modi per ridurne la pesantezza senza eliminarli del tutto (come direbbe Mario Sacchi, “un tiro di dado ci sta sempre bene”).

    Direi che la “caratteristica” principale del Caso che interessa un autore sia la “non prevedibilità” dell'elemento casuale.
    Da una parte ci sono le scelte che portano a conseguenze “determinate” (muovo un cavallo, mangio un alfiere), dall'altro il caso assoluto (tiro due dadi e mi muovo).
    In mezzo c'è tutto il resto… da come ci si mette a sedere intorno al tavolo, a chi inizia, ai tiri di dado, alla pesca di tessere e carte, alle scelte dei giocatori che possono essere più o meno volontariamente casuali.

    Credo che di parlare di dadi, carte, probabilità e sistemi di imbrigliamento del caso… non sia il caso. Le variabili sono tantissime, le regole e le idee per gestire, manipolare e modificare il caso che agisce su un sistema finito (come un pool di dadi o un mazzo di carte) sono anche di più… mi limito a dire che secondo me ci sono elementi fisici che introducono naturalmente casualità, elementi si presuppone voluti dall'autore e la cui funzione dovrebbe essere quella di dare qualche brivido, di costringere a rischiare, etc etc. e che questo tipo di caso generalmente è divertente – soprattutto se gestito bene – e spesso e volentieri dà frizzantezza e brio a giochi magari un po' ingessati.

    Personalmente, invece, il Caso che mi disturba è quello “non fisico”, indotto da meccaniche farraginose, semplicistiche o più banalmente da un'idea che magari sembra buona ma non funziona.
    Per esempio quando un giocatore si trova a dover scegliere fra più azioni che hanno tutte una ricaduta più o meno uguale in termini di vantaggi.
    Tanto per incominciare può darsi che giochi a caso. Una vale l'altra. Tira mentalmente una moneta per decidere ed effettua l'azione.
    Ancora peggio: e se il suo avversario venisse chiamato a effettuare delle azioni segrete “in risposta” a quella mossa, o semplicemente a pianificare qualcosa in base a quello che potrebbe fare l'avversario?
    Sicuramente percepirebbe l'alea “nascosta” nelle regole che invece, per assurdo, non prevedono neanche un tiro di dado.

    La “casualità indotta dalle regole” (termine mio) è una brutta bestia: difficile da spiegare, difficile da vedere se non con dei buoni playtest (e playtester!), difficile da “sbilanciare” senza toccare le regole.

    Per fare l'esempio del bluff (e per bluff intendo “un modo di procedere tale da far credere agli avversari di avere intenzioni e/o possibilità differenti da quelle effettive”): il bluff è divertente quando c'è un giusto mix fra informazioni che si possono ottenere (che permettono o facilitano lo smascheramento del bluff, gratificando il “chi lo subisce”) e informazioni che si possono celare più o meno volontariamente (che danno al bluff la possibilità di funzionare, gratificando “chi lo fa”).
    Se si sbilancia troppo questo equilibrio, uno dei due giocatori agirà a caso, trasformando quella che doveva essere una meccanica di bluff in un “finto bluff” che è di fatto un elemento casuale nel gioco.

    Ok, sto scrivendo troppo. Vi lascio la parola…

    Marco Valtriani
    Red Glove Edizioni & Distribuzioni
    Lead Designer
    --
    Board Game Designers Italia

    #16937
    Plautus
    Partecipante

    Quoto in pieno Izrapahael, in particolare quando dice:

    Direi che la “caratteristica” principale del Caso che interessa un autore sia la “non prevedibilità” dell'elemento casuale.

    Come ho già detto in altri post in precedenza, anche per me “caso = imprevedibilità” (se non, ovviamente, in termini probabilistici).

    e

    Sicuramente percepirebbe l'alea “nascosta” nelle regole che invece, per assurdo, non prevedono neanche un tiro di dado.

    Questa è una cosa in cui credo fermamente da tempo: l'alea non dipende solo da fattori “fisici” (dado, pesca di carte), ma è piuttosto una percezione del giocatore.

    Ho trovato un esempio che forse convincerà tutti (visto che quello della morra cinese sembra non essere abbastanza convincente):

    Vi sono due giocatori. Uno di essi  prende in mano dieci carte, numerate da 1 a 10. A ogni turno il giocatore mette a terra una carta coperta, e l'altro deve indovinare di che carta si tratta. Se indovina fa un punto. Si procede così finchè il giocatore rimane con una sola carta in mano, dopodichè i giocatori si scambiano i ruoli. Chi fa più punti vince.

    Risultato: è un gioco in cui non c'è alcun fattore “fisico” di casualità. Tutto è governato “interamente” dalle scelte dei giocatori. Tuttavia è ovvio (e vi sfido a dimostrare il contrario) che è un gioco di pura fortuna, vince il giocatore più fortunato.

    Quando l'allievo è pronto... il maestro arriva!

    #16938
    zx21
    Partecipante

    Risultato: è un gioco in cui non c'è alcun fattore “fisico” di casualità. Tutto è governato “interamente” dalle scelte dei giocatori. Tuttavia è ovvio (e vi sfido a dimostrare il contrario) che è un gioco di pura fortuna, vince il giocatore più fortunato.

    Il solo fatto che sia un gioco di carte  è sintomo di causualità.

    #16939
    Ble
    Partecipante

    Rispondo così: gli scacchi sono un gioco chiuso. se li metti in mano a due intelligenze computali uguali e le fai giocare 100 partite (25 inizia uno 25 l'altro) hai il 50% di possibilità che vinca uno o l'altro. Punto. Nessun caso.
    Ora prendiamo risiko: i dadi danno fastidio. Eppure anche in questo caso a parità di intelligenze e di partite e di obiettivi (cioè se giocassero tante volte quante ne servono per aver fatto entrambi le tutte e le stesse combinazioni di obiettivi e essendo i primi a cominciare in egual numero di partite) le possibilità sarebbero…. 50%!!!
    Mi spiego: queste intelligenze devono fare la scelta migliore sempre dopo calcoli assurdi
    negli scacchi sono matematici
    nel risiko probabilistici
    Quindi… si può dire che il caso altro non è che un'iperbole che tende alla regolarità sul lungo termine. Molto più semplice l'esempio della moneta. Più la lanci più il l'iperbole si avvicina al 50%  di possibilità che esca testa o croce. Che voi direte… è sempre 50%… in realtà i fattori casuali sno talmente tanti che direi che è solo CIRCA il 50% (da che lato è la moneta quando la lanci, con che forza la lanci, quanto in alto, con che inclinazione e via dicendo. tutte cose casuali diciamo). Quindi quello che dico è in soldoni:
    Il caso è un'iperbole che tende alla rettitudine a parità di condizioni e su lunga distanza.
    Vale a dire: la controllabilità/gestibilità del caso è direttamente proporzionale al numero di partite. Salvo restando che le condizioni siano sempre le stesse… (ma se consideriamo il livello di “intelligenza” dei giocatori implicati anch'esso casuale allora si può dire che anche le condizioni tendono a rettizzarsi insieme al resto :-)
    Mi sa che ho perso gente per strada…. :-D

    simplepassatempo@gmail.com

    #16940
    zx21
    Partecipante

    Ancora peggio: e se il suo avversario venisse chiamato a effettuare delle azioni segrete “in risposta” a quella mossa, o semplicemente a pianificare qualcosa in base a quello che potrebbe fare l'avversario?
    Sicuramente percepirebbe l'alea “nascosta” nelle regole che invece, per assurdo, non prevedono neanche un tiro di dado.

    Pur condividendo in parte queste affermazioni, devo dire che c'è un gioco che amo molto e con gli amici e famiglia ci giochiamo spesso. Il titolo è Dungeon Quest della Games Workshop, un gioco vecchissimo che sò essere stato ristampato ultimamente pur non  conoscendo questa nuova versione.
    Il gioco è interamente basato sulla fortuna, c'è solo quella ma è comunque per me divertente,anche se la sfiga (tra l'altro se parliamo di fortuna bisognerebbe parlare anche di questa) è sempre dietro all'angolo ad ogni giocata, e di frequente non riesci a finire la partita, ma il gioco funziona così e a me sta bene.
    Mi piace questo gioco, perchè essendo un pensatore, ogni volta che gioco a qualsiasi altra cosa ho il mio piccolo cervello che va in fumo, e poter rilassarmi sapendo che intanto qualsiasi cosa faccio la fortuna deciderà l'esito mi permette di giocare solo per divertirmi.

    #16941
    zx21
    Partecipante

    A proposito di sfiga legata alla fortuna.
    Secondo voi questa affermazione può essere, almeno in parte, giusta.

    Se giochiamo in sei ad un gioco, è un giocatore vince per fortuna, gli altri 5 hanno perso per sfiga?

    perchè se questo risultasse vero, si potrebbe affermare che la fortuna colpisce solamente 1 mentre la sfiga tanti.

    #16943
    littlee
    Partecipante

    Io sto scrivendo un poema… Scrivo e cancello e poi riscrivo, mi sa che mi sto fondendo.

    www.cartebomba.blogspot.com

    #16944
    Ble
    Partecipante

    Quoto in pieno Izrapahael, in particolare quando dice:

    Direi che la “caratteristica” principale del Caso che interessa un autore sia la “non prevedibilità” dell'elemento casuale.

    Come ho già detto in altri post in precedenza, anche per me “caso = imprevedibilità” (se non, ovviamente, in termini probabilistici).

    e

    Sicuramente percepirebbe l'alea “nascosta” nelle regole che invece, per assurdo, non prevedono neanche un tiro di dado.

    Questa è una cosa in cui credo fermamente da tempo: l'alea non dipende solo da fattori “fisici” (dado, pesca di carte), ma è piuttosto una percezione del giocatore.

    Ho trovato un esempio che forse convincerà tutti (visto che quello della morra cinese sembra non essere abbastanza convincente):

    Vi sono due giocatori. Uno di essi  prende in mano dieci carte, numerate da 1 a 10. A ogni turno il giocatore mette a terra una carta coperta, e l'altro deve indovinare di che carta si tratta. Se indovina fa un punto. Si procede così finchè il giocatore rimane con una sola carta in mano, dopodichè i giocatori si scambiano i ruoli. Chi fa più punti vince.

    Risultato: è un gioco in cui non c'è alcun fattore “fisico” di casualità. Tutto è governato “interamente” dalle scelte dei giocatori. Tuttavia è ovvio (e vi sfido a dimostrare il contrario) che è un gioco di pura fortuna, vince il giocatore più fortunato.

    Ma no, forse alla prima carta… il resto è tutto probabilità…. lo sarebbe se il gioco finisse con la prima carta

    simplepassatempo@gmail.com

    #16945
    zx21
    Partecipante

    Io sto scrivendo un poema… Scrivo e cancello e poi riscrivo, mi sa che mi sto fondendo.

    Chi è colpa del suo mal…pianga se stesso :)

    #16946
    cdp
    Partecipante

    la mia modesta opinione:

    carte, dadi, tessere,meccaniche , quasi ogni cosa contiene in se elementi di casualità.

    Il modo che ho trovato io finora per gestire la quantità di caso (e per  caso qui intendo fattore C) sta nel scegliere a monte alcuni strumenti anzichè altri, poi di regolare la quantità/tipo di quelli prescelti.

    Se in un gioco di dadi che creo c'è più caso di quanto mi piacerebbe avere, provo a diminuire i dadi, oppure meglio ancora a prendere dadi con meno facce.
    Se a Carcassonne penso che ci sia culo nel pescare “proprio quella tessera” posso dire ” ognuno ha tre tessere in mano ed ogni turno gioca una e pesca un'altra” ; in questo modo posso tarare questi tipi di aletorietà.

    Formule matematiche in giochi da tavolo penso siano difficili da estrapolare (a meno che non siano giochi di soli dadi, sole carte numerate e via discorrendo)

    Volendo dare una definizione sintetica su quello che penso:
    C'è troppo caso quando chi gioca senza una strategia ha possibilità di vittoria.

    Aspirante Ideatore di Giochi. Apprendista a tempo pieno.

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