Chiamo così la cartella “Game Design” che campeggia fumante al centro del mio desktop.
E' dove tengo i progetti che pian piano sviluppo. O per lo meno quelli che non reputo fallimentari. Ieri sera mi sono reso conto che, avendo due giochi in fase di pubblicazione, forse è il momento per rimettermi a lavorare anche su qualcuno di quelli in sospeso.
Alla fine le directory che mi fanno prudere le mani contengono tre giochi che vorrei portare a termine. O meglio, vorrei portarne almeno due in forma definitiva a IdeaG 2013.
La scelta ricade sul rimandatissimo Early Days (titolo provvisorio), il più rapido gioco di civilizzazione della storia, che in effetti avevo scritto per presentarlo specificamente ad un preciso editore (lo so, è una tecnica sbagliatissima…). 2-4 giocatori, partite da mezzora, componenti semplici e una grossa vena di humor (tuttora assente dalle carte perché io di illustrare proprio non se ne parla…). Contando che è praticamente completo mi devo mettere di buona lena a bilanciare il tutto.
Ho più dubbi per il secondo: avrei un gioco abbastanza singolare che si chiama Polterblast e che riprende il tema degli acchiappafantasmi. Un giocatore impersona la “casa stregata”, da uno a tre lo affrontano con un team di acchiappafantasmi. Gioco su plancia (la mappa della casa stregata), con un setup molto dinamico e regole abbastanza snelle, credo che possa funzionare bene. Ha bisogno di una protipizzazione abbastanza lunga (ah! gli adesivi!) e dunque spero di riuscire a produrlo “fisicamente” in modo soddisfacente.
Il terzo è un gioco che riprende il concetto di shopping in un mondo fantasy ma mi rendo conto che è parecchio “tedescoso” e ho idea che il genere sia molto inflazionato.
Quindi mi sa che alla fine verranno come a Torino gli altri due.
Ho più dubbi per il secondo: avrei un gioco abbastanza singolare che si chiama Polterblast e che riprende il tema degli acchiappafantasmi. Un giocatore impersona la “casa stregata”, da uno a tre lo affrontano con un team di acchiappafantasmi. Gioco su plancia (la mappa della casa stregata), con un setup molto dinamico e regole abbastanza snelle, credo che possa funzionare bene. Ha bisogno di una protipizzazione abbastanza lunga (ah! gli adesivi!) e dunque spero di riuscire a produrlo “fisicamente” in modo soddisfacente.
Ne ho in pratica due sul tema, uno da tavolo prototipato, testato, funzionante (“La Casa Stregata” appunto), che avrei presentato volentieri all'Archimede se fossi stato in grado di fare un prototipo almeno decente, e uno di carte e puzzilli ancora in fase di regolamento. A quanto pare il tuo soffre dello stesso problema del mio (ho bisogno di muri, porte, oggetti, il tutto su tessere, e tutto fuorché facile e veloce da realizzare).
Il terzo è un gioco che riprende il concetto di shopping in un mondo fantasy ma mi rendo conto che è parecchio “tedescoso” e ho idea che il genere sia molto inflazionato.
Anche di questo ne ho uno, Fantasy market, coi giocatori che impersonano i commercianti e gli eroi come personaggi non giocanti gestiti un po' dai giocatori stessi e un po' dagli eventi (altro terribilmente caotico da prototipare, anche se ne avevo fatto un Print&Play per alcuni playtester volontari, che però non lo hanno mai testato alla fine -_-)
Però temo che influisca in qualche modo sulla “bontà” del processo di design stesso.
in che senso?
Nel senso che magari più o meno consciamente vai a condizionare la fase di design per via di tutta una serie di parametri tipo “Conosco l'editore e quel tipo di cosa non gli piace” (quando magari nel gioco ci starebbe benissimo).
Certo, alla fine dipende da cosa uno voglia “puntare”: pubblicazione o sano game design. Due cose che magari poi concidono, per carità.
Certo, alla fine dipende da cosa uno voglia “puntare”: pubblicazione o sano game design. Due cose che magari poi concidono, per carità.
ecco, le due cose in teoria coincidono: se il “sano game design” ti porta a progettare giochi che gli editori rifiutano allora forse non è poi così sano. E se preventivamente eviti i punti che all'editore sai già che vanno bene sei già un passo avanti! no?
Si può pensare agli editori in termini di cimenti: ogni editore è un particolare cimento! voglio dire che ogni editore ha definito per se stesso un target (o più di uno) e una serie di materiali inscatolabili, una certa dimensione di scatole etc etc. Quindi ha già definito per se una serie di vincoli. Quando rifiuta un gioco è perché il gioco rompe uno dei vincoli.
Il prossimo cimento potrebbe essere realizza un gioco per Haba oppure per Asterion.
Certo, alla fine dipende da cosa uno voglia “puntare”: pubblicazione o sano game design. Due cose che magari poi concidono, per carità.
ecco, le due cose in teoria coincidono: se il “sano game design” ti porta a progettare giochi che gli editori rifiutano allora forse non è poi così sano.
Be'… nì. Quello che va bene per un editore non va bene per un altro, e forzare il design di un gioco sulla base dell'editore a cui lo si vuole presentare non credo sia “sano game design”, è forzatura e basta. Ha più senso prima progettare un gioco e poi stabilire a quale editore sia il caso di presentarlo in base a cos'è/com'è. Magari potrà richiedere una limatura per adattarsi, ma è già una faccenda diversa. Anche perché se crei un gioco apposta per i parametri di un editore, e poi all'editore in questione non piace, hai creato un gioco inutile.
Addenda stupida: da perfetto ignorante in materia non conoscevo la Asterion e ora scopro che, in base a quello che producono, avrei almeno un paio di giochi adatti alla loro linea (che, ovviamente, non gli presenterò mai
Quello che va bene per un editore non va bene per un altro, e forzare il design di un gioco sulla base dell'editore a cui lo si vuole presentare non credo sia “sano game design”, è forzatura e basta. Ha più senso prima progettare un gioco e poi stabilire a quale editore sia il caso di presentarlo in base a cos'è/com'è. Magari potrà richiedere una limatura per adattarsi, ma è già una faccenda diversa. Anche perché se crei un gioco apposta per i parametri di un editore, e poi all'editore in questione non piace, hai creato un gioco inutile.
Non lo so, io non ho mai importunato alcun editore con i miei deliri. Però, una cosa è progettare un gioco dentro certi vincoli, un'altra è progettarlo e poi smussarlo per adattarlo. Anche se alla fine credo siano solo metodologie diverse, ma non si rischia di snaturarlo o sbilanciarlo o altre parole che finiscono in “arlo”?
Si, vista sotto quest'ottica ha decisamente senso!
In teoria il cimento “Scrivi un gioco per Asterion” l'ho completato con successo.
Complimenti per Gnominia Stef, tu hai “Puntato” Asterion o ti sei limitato ad adattare (se è stato necessario)? Se posso chiedere: a quanti editori hai fatto vedere il gioco? Quanti hanno rifiutato? Quanti erano disposti ad aspettare che applicassi delle modifiche per adattarlo ai loro vincoli?
Credo che accetterò i complimenti quando Gnominia sarà finalmente sotto contratto.
Dettagli a parte, no: non l'ho sviluppato “apposta” per Asterion ma ho contattato, tra le altre, proprio Asterion dicendo “Ehi, a IdeaG porto un gioco che può interessarvi!”.
Per dire, subito dopo Asterion altri due publisher mi hanno contattato per lo stesso gioco (altri due cui volevo proprio mostrarlo).
Per dire, non ho scritto a daVinci di passarlo a vedere perché già sapevo che non rientrava nelle corde dell'editore.
Non lo so, io non ho mai importunato alcun editore con i miei deliri. Però, una cosa è progettare un gioco dentro certi vincoli, un'altra è progettarlo e poi smussarlo per adattarlo. Anche se alla fine credo siano solo metodologie diverse, ma non si rischia di snaturarlo o sbilanciarlo o altre parole che finiscono in “arlo”?
Parafrasarlo? Pontificarlo? Palpeggiarlo? Secondo me lo snaturi di più infilandolo a forza in dei parametri all'inizio che non adattandolo dopo, fermo restando che già lo stai adattando per qualcuno a cui il gioco va bene in linea generale, non che lo stai rendendo un gioco diverso. Poi è ovvio che dipende anche di che genere di parametri parliamo. Fare un gioco con 52 carte da subito piuttosto che pensarlo per 60 e poi ridurlo a 52 per adattarlo alle necessità di un editore, cambia poco. Fare un gioco che ha determinate meccaniche, tematiche, componentistica perché sono quelle preferite da De Tizis… da un lato significa che non stai facendo un gioco perché hai una buona idea ma stai facendoti venire un'idea perché vuoi fare un gioco, dall'altro che, nel momento in cui De Tizis ti risponde “Ma chi sei, che vuoi, chi ti conosce?”, hai buone probabilità che per presentarlo a qualcun altro tu debba rivederlo da zero, essendoti conformato a parametri che ora non sono più validi.